Con campagne di marketing capaci di suscitare più preoccupazione che rassicurazione, è partito l’assalto alla diligenza nel mondo del web.
Il decreto legislativo 27 maggio 2022, n. 82, entrato in vigore il 16 luglio 2022, stabilisce regole specifiche in tema di “requisiti di accessibilità dei prodotti e dei servizi” (ivi compresi i siti web ma esclusivamente per e-commerce e servizi di trasporto) con decorrenza odierna 28 giugno 2025; il decreto recepisce la direttiva europea n. 882 del 2019.
La nuova normativa impone a specifiche tipologie di servizio o attrezzature o applicazioni: servizi di trasporto pubblico e privato, e-commerce con navigazione su internet o mediante App, lettori di libri elettronici e-book, strumenti informatici hardware e software nonché terminali per comunicazione e/o pagamento a favore dei consumatori, servizi bancari, canale di emergenza “112”.
L’aggiornamento dei siti web agli standard di accessibilità NON riguarda tutte le aziende ma in particolare i servizi di trasporto (in virtù della specifica indicazione di cui all’articolo 1, comma 3, lettera c, punto 1, del d.lgs. 82/2022). Inoltre, sono escluse dall’obbligo le “microimprese” come si vedrà in seguito.
Per fare chiarezza è opportuno precisare che un sito web accessibile è una raccolta digitale di informazioni (pagine) sotto un dominio, che dovrebbe essere progettata e sviluppata per garantire ad ogni singolo utente la possibilità di navigare indipendentemente dalle proprie capacità fisiche, cognitive o sensoriali e, quindi, rendere possibile la personalizzazione delle impostazioni di navigazione a proprio uso e consumo.
Per garantire che un sito web rispetti i requisiti di accessibilità è necessario fare riferimento alle Linee guida conosciute come WCAG (Web Content Accessibility Guidelines).
Garantire l’accessibilità significa abbattere le barriere digitali per permettere a tutti di utilizzare un sito web in modo semplice e autonomo. E’ peraltro dal 2004 che in Italia si parla di accessibilità e usabilità dei siti, seppur esclusivamente per la Pubblica Amministrazione per ovvie ragioni di servizio ai cittadini (efficienza e buon andamento della P.A. come sancito dall’articolo 97 della Costituzione).
Sono presenti in rete test automatici di “auto” valutazione dei più macroscopici errori dei siti, quali elementi interattivi non identificabili, contrasto insufficiente tra testo e sfondo; si segnalano in proposito:
- W3C Accessibilità (WAI: Web Accessibility Initiative)
- W3C test per documenti HTML e simili (siti web)
- W3C test per Feed RSS (notiziari)
Per una più corretta e puntuale verifica può risultare opportuna (o talvolta necessaria…) una valutazione da parte di un tecnico che saprà intraprendere le azioni correttive (cioè le modifiche di codice) per validare il sito agli standard di accessibilità e usabilità (come già osservato, obbligo in essere nella Pubblica Amministrazione sin dagli albori della Legge n. 4 del 2004).
Ciò che preme qui sottolineare le microimprese1 sono escluse dagli obblighi in questione purché non beneficiari di finanziamenti pubblici o privati con finalità proprio il miglioramento dell’accessibilità (art. 13, co. 6, del decreto); alcuni doveri specifici (es. relativamente alla documentazione tecnica di conformità, art. 15) sono attenuati sia per microimprese che per piccole e medie imprese “PMI”2.
Un’ultima precisazione: la vigenza normativa è da oggi 28 giugno 2025, ma in caso di prodotti o servizi o siti web (qui intesi il settore del trasporto e l’e-commerce) è previsto l’adeguamento in caso di modifica degli stessi o, comunque, il termine del 28 giugno 2030. Nel caso di terminal self-service in uso prima del 28 giugno 2025, possono restare invariati per vent’anni dalla loro messa in funzione.
Con questa notizia, oltre a fornire un quadro generico della normativa appena entrata in vigore, si è inteso chiarire che non tutti i siti web sono coinvolti dall’obbligo di accessibilità: la ratio legislativa è quella di aiutare le persone con disabilità a poter fruire di prodotti e servizi al pari di chi non è affetto dalle medesime condizioni, migliorando la qualità di vita di queste persone e parallelamente sensibilizzare fabbricanti, importatori e commercianti dell’importanza dell’accessibilità; destinatario di tutela è dunque il “consumatore” ed è per questo motivo che – ormai lontani dall’obbligo imposto alla pubblica amministrazione – l’Europa e in conseguenza l’Italia si sono concentrati sul settore del trasporto (si pensi alle mappe di navigazione oltre che ai siti web delle aziende eroganti il servizio) e sul commercio elettronico che divampa nel mondo. I “siti vetrina” delle aziende che esulano da ciò, dunque, non necessitano di modifica e non bisogna dare adito alle molteplici campagne di avviso che si stanno diffondendo in rete; in alcuni casi questi avvisi derivano ad una errata interpretazione normativa o lettura non attenta del testo legale, in altri probabilmente da una (intuibile ma discutibile) occasione di business.
Prevenire è meglio che curare. Sempre.
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- per microimprese si intendono le aziende che occupano meno di 10 persone e realizzano un fatturato annuo o un totale di bilancio annuo non superiore ai due milioni di euro (definizione di cui all’art. 2, co. 1, lett. bb, del decreto) ↩︎
- per PMI si intendono le aziende fino a 250 dipendenti, il cui fatturato annuo o totale di bilancio non superi rispettivamente i 50 o 43 milioni di euro (definizione di cui all’art. 2, co. 1, lett. cc, del decreto). ↩︎


